Il TaiChi (Taijiquan) e le ginocchia.
Un articolo del Renmin Ribao (Quotidiano del Popolo) del 20 dicembre 2003 pubblicava questa notizia: “La pratica del Taijiquan non è indicata a quegli adulti e anziani che soffrono di dolori alle gambe”.
L’articolo spiegava:
“Il Taijiquan con i suoi movimenti dolci e naturali è una delle attività preferite dagli adulti e dagli anziani. Tuttavia, alcune ricerche dichiarano che, a causa della difficoltà di padroneggiare i principi essenziali di questa disciplina, gran parte degli anziani, durante la pratica, si procura danni alle articolazioni e alla muscolatura delle gambe. Gli esperti mettono in allerta: la cosa migliore per praticare correttamente il Taijiquan è essere guidati da un insegnante esperto, ma questa pratica non è indicata alle persone di età media e avanzata che soffrono di dolori alle gambe! Tre esperti dell’Accademia di Educazione Fisica dell’Università Normale del Nord-est, durante il Simposio sulle innovazioni nello sviluppo sportivo del Gansu hanno presentato i risultati di una ricerca riguardo i benefici del Taijiuqan sui cittadini di età media e avanzata. Attraverso questionari e interviste su un campione di 345 persone che praticano Taijiquan nelle maggiori città del Gansu, gli esperti hanno scoperto che dopo la pratica del Taijiquan il 42,3% dei soggetti presentava inusuali dolori alle articolazioni e ai muscoli delle gambe. Tra questi il 58,7% avvertiva dolori subito dopo la pratica”
Come è possibile che una pratica, considerata salutare e benefica da tutto il mondo, risulti così dannosa per la salute di chi la pratica?
L’immagine classica degli anziani cinesi che praticano Taijiquan nei parchi, che ai nostri occhi occidentali appare come il simbolo stesso del benessere o della sua ricerca, nasconde in verità una realtà meno romantica e incantata.
Si cercherà, seppur sommariamente, di analizzare la struttura e il funzionamento del ginocchio e la corretta modalità di allenamento.
Struttura e funzionamento del ginocchio
L’articolazione del ginocchio è la più grande del corpo umano e sicuramente una delle più complesse, sia dal punto di vista anatomico che funzionale. Essa è composta da una struttura ossea e da un apparato capsulo legamentoso, oltre che da tessuti cartilaginei (vedi anche caviglia per la descrizione), che hanno il compito di facilitare il movimento. La struttura ossea è formata dall’epifisi distale del femore, dall’epifisi prossimale della tibia e dalla rotula; le superfici articolari sono rappresentate dai condili femorali e dalle glenoidi tibiali, due superfici a curvatura molto complessa che permettono un movimento contemporaneo di rotolamento e strisciamento. L’apparato capsulo legamentoso è costituito dalla capsula articolare, un manicotto fibroso che riveste l’articolazione, da due menischi, da due legamenti collaterali e da due legamenti crociati. Una membrana, detta sinoviale, riveste la superficie interna della capsula e secerne un liquido vischioso che lubrifica e nutre l’articolazione. Grazie ad una molteplice struttura legamentosa, il ginocchio possiede una mobilità e una stabilità straordinarie. Il movimento principale è la flessoestensione ‐ avvicinare o allontanare l’estremità dell’arto dalla sua radice – che avviene essenzialmente in compressione, sotto l’azione della gravità. L’articolazione consente però anche un altro movimento importante: la rotazione sull’asse longitudinale della gamba, che si verifica solo quando è flesso. Da punto di vista meccanico, questa articolazione concilia quindi due obiettivi che sembrano contraddittori: avere una grande stabilità in estensione completa, quando il ginocchio è sottoposto a importanti forze dovute al peso del corpo ed alla lunghezza dei bracci di leva, e avere una grande mobilità a partire da un determinato angolo di flessione, mobilità necessaria per la corsa e per poter avere un appoggio sicuro del piede su qualsiasi terreno.
Come preservare la salute del ginocchio durante la pratica?
Chi pratica Wushu tradizionale conosce il principio basilare il ginocchio deve muoversi in conformità del piede (xi ying shun jiao er dong). Questo principio, ripetuto continuamente dai maestri durante lo studio dei fondamentali, ci suggerisce che il ginocchio si muove sempre seguendo la direzione del piede. Ciò significa che, se il piede si muove, occorre muovere contemporaneamente il ginocchio nella stessa direzione e che non si possono compiere movimenti di rotazione del ginocchio se il piede è bloccato. Il ginocchio inoltre non deve mai superare, né frontalmente né lateralmente la linea del piede, soprattutto durante le posizioni statiche (buxing). I buoni maestri ripetono sempre “se il piede è chiuso all’interno, il ginocchio chiude all’interno, se il piede apre verso l’esterno, il ginocchio segue il movimento all’esterno”.
Questo semplice ma fondamentale principio viene, purtroppo, trascurato dalla maggior parte delle persone che praticano Taijiquan. Ciò è dovuto a due fattori fondamentali: la scarsa attenzione del praticante e la cattiva preparazione o superficialità dell’insegnante. Questi due fattori spesso sono uno la conseguenza dell’altro, poiché come dicono in Cina “Un bravo maestro non ha allievi pigri”.
Un problema di approccio
I problemi evidenziati nell’articolo del Renmin Ribao sono riconducibili alla modalità di allenamento di molti praticanti. Come sarà capitato di vedere a molti, la maggior parte dei praticanti di Taijiquan in Cina, soprattutto i più anziani, si allena quasi esclusivamente attraverso la ripetizione, più o meno meccanica, dei taolu, senza curare affatto i principi e l’esattezza dei movimenti. Ciò è dovuto all’approccio molto spesso disimpegnato e svagato che questi simpatici vecchietti hanno nei confronti del loro allenamento quotidiano. Seppur siano fermamente convinti dell’indiscutibile beneficio della pratica del Taijiquan, per molti l’allenamento mattutino è semplicemente un salutare passatempo, una sana abitudine, nonché un momento di aggregazione sociale e non un più attento studio dell’arte. L’attenzione al particolare, la cura dei micro-movimenti viene quindi quasi del tutto trascurata nella maggior parte dei praticanti cinesi. Questo fenomeno è riscontrabile anche in occidente.
Riassumendo, i problemi legati all’insorgere di dolori articolari e muscolari nella pratica del Taijiquan sono riconducibili a quei difetti di allenamento imputabili esclusivamente alla disattenzione del praticante e/o dell’insegnante e non alla disciplina in sé. Tali errori comportano inevitabilmente un’esasperazione dei movimenti articolari e il conseguente verificarsi di lesioni e disturbi. Lo studio attento dei fondamentali (jibengong), nonché la scelta di un insegnante preparato ed avveduto sono la base per una pratica salutare ed efficace.
Dott. Eduardo Tobia
(Maestro della Scuola Longmen di Terni, facente parte dell’Associazione Longzhao del Maestro Zanetti)