IL TACHI E LA SUA LEGGENDA
Come è consueto nella cultura marziale cinese, anche i maestri e praticanti di Taijiquan tendono ad affondare le radici del proprio stile nella leggenda e ad attribuire la sua creazione ad un personaggio illustre della loro storia.
Secondo la leggenda tramandata di generazione in generazione all’interno delle scuole di Taijiquan, il creatore di quest’arte fu il celebre Zhang Sanfeng, un monaco daoista vissuto probabilmente sotto i Song del sud (1127-1279).
Già nella Cina antica la figura di questo monaco riscuoteva molto successo. Nel Mingshi (Storia ufficiale della dinastia Ming) troviamo un capitolo intitolato “Biografia di Zhang Sanfeng”, secondo cui il monaco visse dal XII al XIV-XV secolo, ossia più di 200 anni. Nella biografia si legge: < Egli era alto, imponente, presentava i segni classici della longevità, cioè i segni della tartaruga e della gru. Aveva grandi orecchie ed occhi rotondi. La sua barba si rizzava furiosamente, come la lama di un’alabarda. D’estate come d’inverno un semplice abito lo ricopriva >.
Secondo quanto si tramanda, Zhang Sanfeng era un grande esperto di alchimia interiore, tant’è che a lui sono attribuite molte opere apocrife sull’argomento.
I fattori che possono spiegare la scelta di Zhang Sanfeng come creatore del Taijiquan sono diversi.
Innanzi tutto si deve considerare l’abitudine cinese di attribuire le invenzioni a personaggi eminenti, la cui biografia si ispiri al modello di vita dei saggi dell’antichità. Un altro fattore da tenere a mente è sicuramente lo stretto legame tra Zhang Sanfeng e il monte Wudang, meta di pellegrinaggi in onore di Zhenwu (il vero guerriero), e centro di sviluppo delle pratiche daoiste. Questo legame è probabilmente un modo per marcare la distinzione tra la tradizione Wudang e quella Shaolin attraverso l’opposizione di un santo daoista al celebre monaco buddhista Bodhidharma, cui è attribuita la creazione delle tecniche di combattimento Shaolin.
Cosa ci dice però la leggenda riguardo la creazione del Taijiquan?
Un giorno, l’eremita Zhang Sanfeng era affacciato alla finestra della sua capanna, quando la sua attenzione fu attirata dallo strano grido di un uccello. Si sporse e vide una gazza (secondo altre versioni un passero o una gru) spaventata, scendere dall’albero su cui si trovava. Ai piedi dell’albero c’era un serpente. Nel duello che seguì, la gazza fu battuta dal serpente, il quale combatteva con flessibilità e con movimenti curvilinei. Zhang Sanfeng capì allora che la flessibilità era più efficace della rigidità, come ricordano diversi passi del Laozi, capì l’importanza dell’alternarsi dello Yin e dello Yang anche nelle fasi del combattimento ed elaborò così i primi movimenti basilari del Taijiquan.
Un’altra leggenda invece ci racconta di come Zhang Sanfeng avesse appreso le tecniche di combattimento durante un sogno. Si legge infatti nel Ningbo fuzhi: < Songxi aiutava la gente ed eccelleva nel combattimento a mani nude. Il suo maestro era Sun, il tredicesimo venerabile, che diceva di aver appreso la sua arte da Zhang Sanfeng, della dinastia dei Song… Una notte Zhang Sanfeng, nel sonno, ebbe l’apparizione dell’imperatore nero Xuandi, che gli insegnò un metodo di combattimento a mani nude. Il giorno dopo, al suo risveglio, fu in grado di uccidere da solo più di cento banditi >.
Molti sostengono però che Zhang Sanfeng si fosse limitato a modificare alcuni movimenti provenienti dalla tradizione Shaolin. Si dice che Zhang Sanfeng, resosi conto dell’eccessivo uso della forza muscolare da parte dei monaci di Shaolin elaborò un sistema di movimenti che facesse affidamento sull’energia interiore attraverso il respiro.
Dott. Eduardo Tobia
Direttore e Maestro della Scuola LONGMEN di Terni